
"L'obiettivo dovrebbe essere quello di
cercare la salute, chiunque può trovare la malattia"
A. Still

CHI SONO
Chiara Palmieri ,
laureata in scienze infermieristiche nel 2008, scelgo la professione di infermiera a 19 anni, grazie a un viaggio di volontariato in Kenia.
Dal 2009 lavoro presso l'Ospedale Maggiore della Carità di Novara , prestando servizio per lo più in reparti di Emergenza e Terapia Intensiva.
Nel 2013 conseguo il Master biennale di "Medicina d'Urgenza e Area Critica" per infermieri con il massimo dei voti, a seguito del quale inizio a lavorare in Terapia Intensiva Neonatale.
L'esperienza lavorativa in TIN mi appassiona moltissimo e proprio lì vengo a conoscenza dell'Osteopatia.
In quegli anni, attraverso l'esperienza diretta della malattia di un familiare, inizio a mettere in discussione le mie convinzioni sulla malattia, sulla guarigione e la mia visione del prendermi cura del paziente cambia radicalmente.
Nel 2017 decido di iscrivermi a Osteopatia, riconoscendo i suoi principi in linea con il mio nuovo modo di vedere le cose.
Sono appassionata di meditazione e in particolare modo pratico la MINDFULNESS.
CIO' IN CUI CREDO
Sono figlia di medici, mamma pediatra e padre chirurgo.
Ho imparato da mio padre la dedizione allo studio e al lavoro e da mia madre l'amore per i bambini associata al supporto dei genitori, ma ho sempre sentito e creduto che ci fosse di più.
Di questo "di più" sono andata sempre alla ricerca; spesso cadendo, sbagliando strada, facendo errori di valutazione, ma rialzandomi ogni volta e rimettendomi a cercare.
Ogni esperienza lavorativa che ho fatto mi ha permesso di comprendere un pezzetto in più del puzzle che stavo cercando di comporre.
Poi un giorno mi sono trovata a contatto con la malattia da un altro punto di vista.
Accompagnando una persona a me molto cara in quello che è stato il suo ultimo periodo di questa vita, mi sono trovata a osservare lei e gli altri malati e ho iniziato a farmi domande che, allora non pensavo mi avrebbero cambiato la vita.
Come mai i malati venivano considerati solo come la loro malattia o come la parte del loro corpo che era malata?
Dove era finito tutto ciò che in loro funzionava? Perché nessuno parlava loro di questo e non potenziava queste parti? Perché non venivano considerati come esseri "interi"?
Iniziando a rispondere a queste domande ho iniziato a vedere le cose con occhi diversi e a capire che la medicina tradizionale è sì fondamentale, ma il corpo è unico, interdipendente, interconnesso e non solo una parte anatomica.
Esso è il mezzo attraverso cui una persona vive e si esprime e prendersi cura di esso significa farlo a 360°, ricordandoci che ogni persona racchiude un infinito potenziale ed è a questo che bisogna rivolgersi nel processo di cura e di guarigione.
Credo in questo e credo di essere solo all'inizio di un meraviglioso percorso.
